Di seguito potete leggere e valutare i racconti dei nostri amici anobiani.
I° Punto: Romantico e/o malinconico
II° Punto: Umorista e/o parossistico, esagerato
Potete votare e commentare a questo indirizzo:
http://www.doodle.com/qvyfbszihvu6u2fh
Dal 7 gennaio pubblicherò la classifica, il vincitore e tutti i vostri commenti. Da quel momento discuteremmo sulle vostre impressioni.
Buona lettura e… buon voto a tutti
II° Punto:
"Lo Schiaffo"
Una scocciatura quelle ultime ore di lezione a scuola; mezzo giorno e mezzo, tutti stufi, i ragazzini variamente affamati, quando poi ti capita all’ultimo minuto la supplenza per sostituire un collega assente, proprio l’ultima ora, una doppia scocciatura.
Ma io lo sapevo già dal giorno prima che l’avrei avuta quell'ora, mi avevano avvisata e in un certo senso mi ci preparavo. Il fatto è che me ne preoccupavo un po’: di quella classe lì si sentiva parlare in sala insegnanti, nei corridoi, o piuttosto, di quel caso lì.
Un ragazzo difficile, spesso assistito da un insegnante particolare per lui, un bambino collerico, attaccabrighe, che metteva le insegnanti in situazioni delicatissime da gestire, in bilico tra il contenimento fisico della sua rabbia e il tentativo di non escluderlo dalla lezione, insomma, roba da specialisti.
Noi li chiamiamo “ragazzi disturbati”, ci sta di tutto dentro: caratteriali, autistici, violenti o dolcissimi, anch’io nel corso della carriera ne ho avuto in classe, diverse volte, me la sono sempre cavata piuttosto bene con loro, ero alquanto fiera del mio modo di lavorare, fino a quella volta.
Entrai dunque in classe, l’aula era di fronte alla presidenza, proprio per sorveglianza speciale. Il mio timore era di trovarmi coinvolta in una di quelle scene che avevo sentito raccontare dalle colleghe: il ragazzino, infuriato, che fa a botte con i compagni. Questo no, non lo volevo.
Perciò mi misi d’impegno a fare lezione con la classe, seguendo un ragionamento stupido, ora lo so, lo avessi saputo prima… Ragionamento: se lavoro bene con la classe, tengo tutti impegnati, non può succedere nulla, il ragazzino rimarrà fuori dalla situazione, non interagisce, se ne sta tranquillo.
Errato. Anzi, esattamente il contrario di quel che andava fatto; avrei dovuto badare a lui, lasciar andare la classe alle attività rumorose ma innocue che svolge quando l’insegnante dichiara, con un po’ di ipocrisia “ragazzi, fate i compiti, ripassate le lezioni, fate quel che dovete, possibilmente in silenzio”. Non sarebbe successo nulla.
Invece io faccio lezione, ignoro il “caso”. Quello che passa per la sua mente, non lo so ma posso immaginare il senso di esclusione, il desiderio di farsi sentire…
Sta di fatto che in una dinamica precipitosa che a tutt’oggi non saprei ricreare, succede il peggio che potesse succedere: il ragazzino aggredisce violentemente un compagno, per impedire il violento attacco, per separarli, per proteggere il bambino sopraffatto, io intervengo, ma non basta la mia voce, non basta la forza delle mie braccia per far mollare la presa al ragazzo in preda alla sua collera sorda; lo devo letteralmente issare da terra tirandolo per i cappelli, e fin qui va bene. Non ho fatto nulla di male.
Ma lui continua, urla, si dimena e comincia a sbattere violentemente la testa contro il muro, con un ritmo che si intensifica. Non ho il tempo di pensare “che cosa devo fare, come lo faccio, e se…” l’impulso parte dal braccio, istintivo e preciso: gli do' uno schiaffo. Nemmeno tanto forte.
Funziona, subito. Il ragazzino si zittisce, si calma. Io mi sento un poco stordita, stupita dal mio gesto, ma, in fondo giustifico: era la sola via di uscita. Però...comincia subito il lavoro: non avrei potuto fare diversamente? Dove mai si è visto che bisogna schiaffeggiare i ragazzini per calmarli? Dove ho sbagliato?
La misura dell’errore, della colpa, mi verrà data in seguito. A più voci mi verrà detta: hai sbagliato, non sei stata all’altezza, vergognati. Nella voce di quelli che, subito, mi rassicureranno, colleghe amichevoli “guarda che io, al posto tuo, avrei fatto la stessa cosa”, del preside, correttissimo, che mi proteggerà, nella voce dei passanti che per i mesi successivi mi saluteranno come al solito, con quella scintilla subito accesa nello sguardo “ah, quella dello schiaffo”, soprattutto nella mia voce “ecco, vedi, tu credevi di essere quella brava, quella che sa gestire, quella che non perde le staffe, ma brava…”
Forse le voci che mi hanno disturbata meno profondamente sono proprio quelle che mi aggredirono con malevolenza, da subito, riconoscibili voci della rabbia dei genitori “gliela faremo pagare”, o di quelli che aiutarono a dar forma ai demoni, “guardi che io l’ho accompagnato al pronto soccorso per il bene del bambino”.
I fatti, i fatti. Non perdiamo il filo.
Due giorni dopo, ricevo la telefonata dai genitori: lei è convocata in questura per la violenza su nostro figlio.
Ho perso tutto dentro quello schiaffo: la voglia di insegnare, di uscire di casa e incontrare gente, la mia fiducia, la mia stima e, sicuramente, quella di tanti altri, la voglia di difendermi.
Sono esplosa in mille pezzi, quella volta, anzi, non in una sola volta, bensì momento dopo momento: a colpi sordi di rimproveri: avresti potuto, avresti dovuto, sei sempre stata presuntuosa, ecco il risultato.
Ma non l’ho dato a vedere quello che succedeva dentro: ogni giorno sono andata a scuola, con quell’ombra dentro e il mio orgoglio che ergeva la barriera del sorriso, dello sguardo chiaro, della frase decisa.
Solo con lui, non potevo: il ragazzino. Fino all’ultimo giorno di scuola, non sono riuscita ad incrociare il suo sguardo; avrebbe potuto leggere dentro: la colpa, sì, ma anche il mio desiderio di fargli male, veramente male. L’ultimo giorno di scuola, l’ho fatto, l’ho guardato. Almeno questa battaglia l’ho vinta.
Le altre sono tutte in corso. Voglio cambiare mestiere. Voglio cambiare vita.
I° Punto:
“Dal diario di un ex-insegnante”
Il 9 novembre 1989 è stato il giorno più brutto della mia vita.
Ed ancora oggi io me ne ricordo con amarezza ed astio. Astio nei confronti dei miei studenti, astio nei confronti del mio preside, astio nei confronti dei bidelli, astio nei confronti di Gabriella, la mia collega di inglese, che allora era pure la mia ragazza, o meglio la mia fidanzata, o, meglio ancora, la mia fidanzata ufficiale, e lo sapevano tutti, anche se, in quei tempi lontani non c’era ancora Facebook.
Ma andiamo con ordine. Il 9 novembre 1989 cadde il muro di Berlino. Prima incredulità, poi emozione e sorpresa in tutto il mondo. In Vaticano forse no. Lì l’avranno saputo in anticipo. Ma questa è un’altra storia. Ora vi voglio raccontare la mia.
Bene. Il giorno dopo non si parlava d’altro. Sui giornali, in televisione, nelle università. Ed il mio preside, uno di quei tipi “moderni” (almeno, allora si diceva così), anticonformisti, all’avanguardia, un ex-sessantottino pentito ma non troppo, organizzò insieme agli studenti del CDI (Consiglio di Istituto, per chi non è pratico di scuola….) una assemblea in palestra. Nella MIA palestra, essendo io l’unico insegnante di Educazione Fisica di ruolo di tutta la scuola. Senza preavvertirmi. Senza consultarmi. Io avevo programmato per quella mattina un allenamento delle squadre di pallavolo maschile e femminile in vista del primo e importantissimo scontro del campionato regionale tra istituti superiori. E’ importante ricordare che l’anno precedente avevamo vinto entrambi i titoli, maschile e femminile, grazie a me ovviamente, ed i due trofei facevano bella mostra nella bacheca posta dietro la scrivania nell’ufficio del preside.
Arrivai a scuola trafelato, lasciavo la macchina in un parcheggio a circa cinquecento metri dall’ingresso, e poi facevo sempre una piccola corsa, così per abitudine ed anche per dare l’esempio ai più giovani, anche se allora ero giovane anch’io, la lunga sciarpa avvolta in tre giri al collo, il cappello di lana col pompon che tanto faceva sorridere le ragazzine, i guanti da sci, il giaccone con la scritta dello sponsor e, sotto, la tuta da ginnastica blu.
Il bidello mi bloccò sulla porta degli spogliatoi:
Sorriso ironico del vecchietto, perché per me era un vecchietto.
La palestra era stracolma. Avevano anche predisposto un piccolo palco per gli oratori: Gabriella la vidi subito, in piedi alla destra del preside con una mezza dozzina di volumi in mano, da cui spuntavano segnalibri e foglietti di appunti.
Raggiunsi i ragazzi di quinta e mi mescolai a loro.
Non vi racconterò di quella mattinata. Sarei retorico o di parte. Dico solo che verso le due, riuscii a raggiungere Gabriella, che aveva fatto una gran bella figura, leggendo alcuni passi di Brecht in tedesco e poi li aveva tradotti a braccio tra gli urli e i pochi, anzi pochissimi fischi degli studenti. Doveva essere stata sveglia tutta la notte per estrapolare i brani adatti all’occasione.
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Quello fu il mio ultimo anno scolastico. A giugno 1990 lasciai la scuola per sempre. Chiedere il trasferimento mi sarebbe sembrato umiliante. Preferii dare le dimissioni.
Dopo il giorno dell’assemblea, Gabriella mi propose di organizzare una gita scolastica a Berlino, per i ragazzi della quinta. Sarebbe stata per tutti un’esperienza straordinaria. Lei insegnava inglese, ma aveva studiato anche tedesco all’università e con la collega di lettere aveva già predisposto un programma. Da me si aspettava solo l’ok finale. Aveva già deciso tutto. Il preside, ho già detto che tipo era, non avrebbe certamente posto ostacoli. Fu forse la prima scuola in Italia, la nostra, a portare i suoi ragazzi a Berlino.
Io però a Berlino non ci andai. Mi avevano invitato ad un congresso su “Medicina sportiva: gli adolescenti e l’attività agonistica”. Dovevo fare un intervento sulla pericolosità , sia a livello fisico, sia a livello psicologico, di certe pratiche agonistiche precoci. Un mio carissimo amico medico mi aveva chiesto di affiancarlo: io, giovane insegnante di educazione fisica, potevo avere più ascendente di lui almeno sul pubblico degli studenti. Non me la sentii di rimangiare la parola data.
Quello fu il mio primo errore.
Il secondo fu di cedere ad un supplente il posto di allenatore delle squadre di pallavolo. Mi sembrava doveroso passare la mano. La squadra maschile fu eliminata al primo turno, quella femminile si ritirò prima degli ottavi, ancora oggi non so il perché. Allora alcune malelingue dissero perché il supplente allungava le mani.
Il terzo errore… ma perché parlarne, ora?
E’ stato il destino.
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Sono passati più di vent’anni da allora. Gabriella tornò da Berlino entusiasta. Mi disse, tra l’altro, che aveva conosciuto un giornalista tedesco, il quale sarebbe venuto in Italia per visitare la nostra scuola.
Venne. Visitò la nostra scuola. Gabriella lo invitò a pranzo. Lui venne. Visitò la nostra casa, anzi la mia casa. E non se ne andò più. Fui io ad andarmene. A giugno. Dissi al padrone di casa se era possibile fare un nuovo contratto d’affitto ad un altro inquilino, senza che io dovessi pagare la penale per non avere comunicato in anticipo la disdetta: fu comprensivo.
Ora vivo in due locali che ho acquistato alcuni anni fa, in un quartiere nuovo. Sono un libero professionista. Tengo corsi di ginnastica posturale per anziani in un paio di palestre e in una casa di riposo. Insegno i rudimenti del basket e della pallavolo ai bambini che frequentano l’oratorio del mio quartiere.
Gabriella non l’ho più vista. So che ha due figli e che insegna ancora. Suo marito è un free lance, collabora con diverse testate italiane e tedesche.
Io evito accuratamente di comprare quei giornali.
I° Punto:
"Occhi di nebbia"
Tra me ed il portico file e file di ragazzi ammassati, l’onda ancora non premeva, ma dai lacrimogeni sparati molto più avanti iniziava ad arrivare un fumo acre che impediva di tenere gli occhi aperti. I tamburi e le latte battevano il loro ritmo parossistico e gli slogan urlati rimbalzavano per la piazza. Un po’ mi chiedevo perché ero lì, mia madre minimo mi faceva la pelle a saperlo:
Tutto era cominciato un mese fa. Mi annoiavo a morte a scuola e sono finita al corteo per non essere interrogata di italiano.
Situazione difficile la mia, seconda di due sorelle nello stesso liceo, facevo rimpiangere a tutti quella passata per prima nella stessa sezione; tutti a fare confronti su quanto era brava mia sorella, e quanti bei voti prendeva negli scritti, e quanto era brillante nelle interrogazioni, che barba! Se avessero saputo quanto poco studiava! E’ che a me lo studio proprio non mi è entrato nelle cellule ed anche studiando più di lei i miei risultati sono sempre stati scadenti, anche alle elementari!
Eccomi quindi in fuga dal più grande nostalgico di mia sorella, che ancora mi cita le sue illuminate esternazioni ed osserva sconsolato i miei temi frettolosi.
Abbiamo fatto un lungo giro per la città, placidi e calmi come un fiume, tutti un po’ impegnati a fare i fatti nostri; la meta del corteo è la sede del Comune per far sentire un po’ la nostra voce di protesta sulla politica del governo in materia di riforma della scuola. Siamo entrati nella piazza come un fiume arriva al lago, allargandosi a riempire tutto lo spazio ed eravamo così rilassati che ci siamo accorti di loro solo quando gli eravamo già in bocca: il portico era pieno di celerini in divisa antisommossa, ma che film hanno visto? Ma ci avranno mai visto una volta in faccia, abbiamo voglia solo di armonia e di essere lasciati in pace a fare le nostre cose, che c’entra la guerra con noi?
Ma ormai eravamo lì, abbiamo anche noi il nostro orgoglio, non potevamo mica tornarcene sui nostri passi con la coda fra le gambe? E quindi avanti, che non avevamo mai provato una carica…
Col senno di poi avrei preferito non esserci, perché so che la mia vita ha preso una piega che non avrebbe avuto se fossi rimasta in classe a farmi massacrare di italiano.
La curva in cui ero di colpo è stata attraversata come da una scossa che rimbalzando da persona a persona ci ha spinto in tutte le direzioni, come se il fiume trovando un ostacolo si fosse infranto, ma al posto di muoversi come un’unica onda si fosse diviso in mille rivoli caotici, in mulinelli impazziti. Tutti spingevano tutti, per muoversi più in fretta e spostarsi dalla traiettoria di quel muro di scudi che avanzava.
Io sono una ragazza sveglia e l’ho capito quasi subito che sarebbe stato un massacro, tutto il film della mia vita mi è passato davanti agli occhi in un secondo, ho girato i tacchi ed ho cercato di mettermi in salvo. Ma sono mingherlina e sono stata sbattuta qua e là dalle persone in fuga; ad un certo punto un ragazzone mi sperona e per non travolgermi mi prende tra le braccia in corsa e mi solleva trascinandomi nel suo slancio fino ad un muretto in cui mi abbandona per darsi alla fuga, ma gli devo la vita forse, perché appiattita lassù sono fuori dalla mischia e posso osservare tutta la scena. Cioè l’ho vista per un po’, fino a quando la nebbia delle lacrime non mi ha impedito di guardare oltre.
Quel giorno un ragazzo di quindici anni, incensurato e disarmato, sotto i miei occhi è stato bastonato a sangue da quattro celerini armati di manganelli, lo hanno assalito da ogni lato, non ha avuto scampo. Ho creduto che sarebbe morto, poi invece ho saputo che è sopravvissuto alle botte, arrestato in un lago di sangue, ha passato la notte in caserma senza cure mediche, ma il giorno dopo è stato rilasciato. Ancora piango quando penso a lui.
Mia madre, pasionaria sessantottina, mi raccontava sempre di un film, “Fragole e sangue”, sulla repressione nei campus americani durante gli anni del pacifismo finita in un bagno di sangue, sulle note di “Give Peace a chance” di John Lennon, inno di un’intera generazione.
La mia anima indomita e ribelle ha avuto il sopravvento da quel giorno; il senso di giustizia violata ha animato le mie giornate ed ho buttato all’aria la mia vita da allora: collettivo studentesco, proclami, cortei, occupazione, in un’escalation che mi portava a scelte sempre più estreme. Ecco come mi sono trovata là dopo un mese, nella mischia, insensibile ai richiami del buon senso ed animata da un sacro fuoco guerriero.
Poi mentre la nube dei lacrimogeni piombava su di noi, abbiamo cominciato a cantare e quando la voce si è spezzata rotta dal fumo, le nostre mani all’unisono hanno battuto il ritmo del nostro cuore, dei nostri sogni per il futuro. La realtà era inafferrabile, celata dai vapori mefitici, annebbiata dalle lacrime che non avrei voluto piangere, insensibile ai fischi, alle urla, agli scoppi. In quale mondo vorrei vivere? Forse non posso scegliere.
II° Punto:
"La prima cosa che farò domattina sarà di lavarmi la mano"
Una sera, in un piccolo paese di campagna, una ragazza di ventidue anni, resta da sola a casa perché i suoi genitori sono andati in città per assistere una parente che ha avuto un incidente grave.
Sicuramente torneranno a casa solo al sorgere del sole.
Fuori c’è un forte temporale e la giovane trascorre la serata guardando la televisione in compagnia del suo fidato cane Fido, che le lecca la mano ogni volta che lei la fa scivolare giù dal divano.
È un setter di media taglia di color marrone noce, con il pelo corto per tutto il corpo, all'infuori che, la coda. Ha un'età di quattro anni e mezzo, quindi un cane giovane perché calcolando che un anno è pari a sette per il cane, Fido ha solo trentadue anni all'incirca.
Una serata noiosa anche in televisione. Anche se la ragazza passa ore digitando il telecomando con lo zapping, non riesce a trovare un programma di suo gradimento.
Al momento di prepararsi per andare a letto, la ragazza si accinge a chiudere tutte le finestre, ma una di esse è difettosa e resta socchiusa. Si ferma in cucina e si scalda una tazza di tè, scegliendo il gusto ai frutti di bosco. Una confezione nuova comprata in erboristeria a tre euro e settantacinque centesimi.
La fanciulla sale pian piano di sopra nella sua camera da letto, si infila il pigiama rosa con fiori bianchi alla svelta e si butta sotto le trapunte. In quelle ore notturne strane e tetre, viene incoraggiata dalla presenza dell’animale.
Il sonno tarda però a venire e così si intraprende a ricercare un punto strategico accomodante. Spaventata dalla solitudine e dalla tempesta che infuria sulla casa e l'intero paese, la ragazza allunga la mano nel buio e incontra il muso del cane che le dà una leccata forte e ruvida con la lingua.
Tranquillizzata e rendendosi conto di non essere da sola, finalmente comincia a sentire arrivare il primo sonno. Chiude gli occhi e precipita preda dei sogni.
Tuttavia, nel corso della notte, per due volte dei tuoni forti e rimbombanti fanno svegliare la giovane di soprassalto. Impaurita dall’isolamento, di nuovo cerca la leccata confortante del cane, che non tarda ad arrivare.
La prima cosa che farò domattina sarà di lavarmi la mano
Il resto della notte trascorre tranquillamente e i sogni danzano leggeri nelle mente della giovane.
L’indomani il chiarore del mattino comincia a filtrare dalla tapparella. La ragazza si rigira più volte e per ben mezzora rimane nel letto. Si alza e ancora intontita sente qualcosa di viscido sul tappeto. Per verificare di cosa si tratti, visto che la sera prima aveva lasciato le ciabatte vicino al divano, si avvicina alla finestra, alza le tapparelle e lascia che la luce del giorno entri nella stanza. Apre la finestra con l'intento di respirare aria fresca della mattina e si stiracchia sbadigliando.
Si volta per cercare il suo cane e nota una scritta rossastra sul muro bianco. Poi vede il suo animale a terra, in una pozza di sangue. Comincia a singhiozzare e infine mette a fuoco la scritta sul muro: “Anche un uomo nel buio può leccare una mano”.
II° Punto:
"La mamma lo dice sempre"
Era una sera invernale di dicembre e una signora di mezza età stava caricando la spesa sulla sua Diane 2CV, nel parcheggio del supermercato.
All’improvviso un’anziana signora, tutta imbacuccata, le si avvicinò e le raccontò una triste storia: "Mi hanno rubato la bicicletta e ora con cosa torno a casa?"
La donna più giovane si impietosì e decise di dare un breve passaggio alla vecchietta dicendo: "Non si preoccupi, la accompagnerò fino a casa, ma dove abita?"
"Abito in Via dei Caduti, affianco al Teatro comunale"
"Finisco di sistemare le borse nel baule e sul sedile posteriore e poi la accompagno.
Si sieda pure intanto, abita poco distante da casa mia"
Cortesemente aprì la portiera e indicò il sedile anteriore del mezzo.
Accesa l'auto si scusò per la vecchiaia del mezzo, ma ribadì che era sempre un mezzo che con la benzina, viaggiava senza mai lasciarla a piedi.
Durante il primo chilometro, la giovane fu spinta dalla curiosità, e cominciò a osservare l’anziana, che strinse convulsamente tra le braccia una borsa della spesa. Mentre stava scrutando e ragionando, la donna alla guida si accorse di un particolare che le mise inquietudine e la insospettì.
Adagiandosi, la lunga gonna della vecchietta si era un po' sollevata e mostrava parte della gamba. Si intravedevano i collant dove facevano capolino una fitta peluria.
La guidatrice osservò meglio e notò che l’anziana era ancora tutta imbacuccata, nonostante nell’abitacolo si sia creato un bel tepore e lei stessa si era sfilata la sciarpa per il caldo.
Prendendo coraggio, la donna annunciò che c'era qualcosa che non andava a una ruota posteriore.
"Mi sa che ho bucato la gomma dalla sua parte"
Accostò e chiese furbamente all’anziana di controllare se la ruota si era forata. La vecchietta posò la borsa, e aprendo la portiera scende dall'auto.
La donna non ci pensò due volte e ripartì sgommando, impaurita dall’inquietante incontro.
Una volta a casa, raccontò tutto al marito.
"Un uomo? Ma come ti è venuto in mente, stai scherzando?" la rimproverò lui sbuffando.
"Ti dico che gli ho guardato le gambe, e poi nei suoi lineamenti c’era qualcosa di strano, per quel poco che si vedeva chiaramente" si difese lei prontamente.
Nel frattempo l’uomo aprì la sportina che la stessa anziana aveva lasciato in macchina: sperava di trovare i documenti e di poter restituire la borsa alla legittima proprietaria. Magari questo, insieme alle scuse delle moglie presa dalla paura.
Mentre la consorte cercò di farfugliare ancora spiegazioni per il suo comportamento, l’uomo sbiancò all'improvviso e le mostrò attonito il contenuto della sportina:
"Guarda qua cosa c'è dentro"
Vi era una piccola accetta pronta per squartare le automobiliste poco prudenti nel dare passaggi.
Il marito spiegò che aveva letto su un giornale di una leggenda metropolitana simile alla sua. Col pensiero andò a ritroso di qualche secolo, e narrò storie molto simili di quella appena avvenuta.
"Sai cara, al posto delle moderne automobili, c'erano calessi e diligenze nonché un uomo a cavallo disposto a dare un passaggio a una vedova affranta. La quale, una volta che il cavaliere la fece scendere con la scusa di farsi raccogliere il cappello, gli urlò dietro di buttarle la borsa. Forse perché era piena dei soldi che, con il suo travestimento, l’uomo era riuscito a rubare agli ignari popolani"
"La mamma lo dice sempre: meglio non caricare gli sconosciuti!"
II° Punto:
SA BIDDA DE BELLU PRÈSSIU
"Il paese di Bella Pesca - La rapina"
Gigi Cozzina, Salvatore Mitraglia e Agamennone il Profeta, quel dì di luglio del millenovecentonovantanove, non si videro in paese. Non che la cosa poté avere una qualche importanza, ma il Tromba, gestore del piccolo Bar Pizzeria “La Veloce”, nella piazza principale del paese, iniziò a preoccuparsi, vista la loro insolita assenza dal tavolo quattro, sotto l’ulivo centenario. Verso sera, per giunta, un chiacchiericcio incontrollato sparso da comare Linetta, detta anche “su bandu”, li indicava come vittime di un terribile incidente, o forse, ancor peggio, in fuga, dati alla macchia per aver rapinato Giuseppe Pompa, il gestore della locale stazione di benzina, ritrovato dai carabinieri privo di sensi, denudato e con la scritta “culatone” marchiata sul sedere con rossetto modello “bocca di fuoco”. Immaginarli capaci di un simile gesto, pensò il Tromba, poteva denotare solo una superficiale conoscenza di quegli irrimediabili spostati: Cozzina aveva un’intelligenza paragonabile a quella di una gallina ipnotizzata. Ogni volta che doveva rispondere a una qualche domanda il suo cervello divagava in modo incomprensibile e il suo sguardo poteva perdersi nell’assoluto per ore; Mitraglia soffriva di un difetto fisico che lo rendeva incapace di formulare, a tempo debito, qualunque frase di senso compiuto: balbettava che faceva prima a spiegarsi a gesti; il Profeta, il più sano dei tre (si fa per dire) era costantemente posseduto da visioni mistiche: da tempo predicava la fine del mondo e inscenava paternali dispensando morte, fuoco e fiamme dell’inferno a tutti i suoi concittadini. Era anche l’autista del gruppetto. La sua moto-carrozzella “Ape Sport”, dipinta a pennello di un lucido nero morte con la scritta “W LA MADONNA”, era ben riconoscibile. Cozzina, Mitraglia e il Profeta, però, non erano stati sempre così, e il Tromba se li ricordava bene, anche perché sarebbe potuto capitare anche a lui, se trent’anni prima fosse andato con loro a cercar funghi. Questo era anche uno dei motivi perché era l’unico in paese ad aver compassione di quei tre. Anche se del fatto e del mistero mai gli confessarono qualcosa!
Bellu Prèssiu, in Sardegna, non è che fosse un granché come paese, 250 anime scarse, in pratica tutti parenti e solo quattro cognomi: Pirletta, Sollai, Puliga, più quello dei proprietari dell’unica attività economica ragguardevole: la fabbrica di fuochi d’artificio della famiglia Bottu! Appunto, che già dal nome poteva far pensare a qualche problema di sicurezza, anche se mai successe qualcosa a memoria d’uomo, che si ricordi! Ma non divaghiamo.
Quel giorno, come trent’anni prima, alla stessa ora di quel cinque luglio, precisamente alle ventidue e quindici minuti, come il Tromba chiuse il bar e abbassò la saracinesca, sul paese iniziò a calare una nebbia così fitta, ma così fitta, che le parole rimbombavano come respinte da muri di gomma e, per guardarsi i piedi, ci si doveva genuflettere a centottanta gradi. Il Tromba pensò subito al tempo in cui i suoi tre amici si persero nelle montagne e a quando li ritrovarono, una settimana dopo, nudi e abbracciati al centro della piazza, in una notte come quella. Qualcuno fece circolare la voce, non vi erano dubbi su chi fosse, che avevano fumato qualche fungo dagli effetti allucinogeni sconosciuti, ma fatto sta che da quel giorno Gigi Pirletta, ex muratore del paese, Salvatore Sollai, ex medico, e Agamennone Puliga, ex sindaco, non erano più quelli di prima. Le rispettive famiglie, visto il loro stato, li fecero internare nell’ospedale psichiatrico di “Milano”, dicevano, ma non si è mai capito se “Milano” era il nome dell’ospedale o del posto, perché quando il Tromba raccontò della visita che fece loro qualche mese dopo, descrisse un numero considerevole di matti che correvano a testa bassa e parlavano in modo strano! Infatti, divenne d’uso comune la frase: «La che ti mando a Milano!» non c’era offesa più grave. Quei tre erano ritornati in paese da pochi anni, dimessi per senilità irreversibile, avevano sessantacinque anni ciascuno, la stessa età del Tromba, loro amico d’infanzia e cugino del Mitraglia.
La nebbia, cosa rara per Bellu Prèssiu, e ancor di più a luglio, avvolgeva qualunque cosa rendendo sinistro quel piccolo mondo e soprattutto la piazza che il Tromba doveva attraversare. Sentì un rumore provenire da dietro il grosso ulivo e si fermò.
«Tromba!» tuonò una voce e poi concluse: «Pentito ti sei?».
«Ehi là, chi va là. Chi sei?» rispose timoroso.
«Già lo sai chi sono, ma senza fare il loffio, rispondi alla domanda: pentito, ti sei?»
Dopo aver sentito la parola “loffio” non ebbe dubbi. Era la voce di Agamennone. «Uscitevene di lì che vi stanno cercando» ordinò rasserenato, ma in tono severo. Un’altra voce lo interruppe.
«Ri ri ri ri… rispo rispo… rispon… di di di… a la la alla do do do mamam man d d dda!»
«Mitraglia escitene anche tu!» suggerì tranquillizzandosi, riconoscendo anche la seconda voce.
«Per Dio! Guido Felice Pirletta, detto il Tromba, rispondici a noi: pentito ti sei?» lo esortò ancora Agamennone, imperioso.
«Ma di cosa mi dovrei pentire?»
«Del fatto che non ci sei venuto con noi a cercar funghi trent’anni fa.»
«Ah, di questo mi dovrei pentire? E va bè, mi pento.»
«Bravo, inginocchiati e prega con noi…»
«Ma finitela con questa storia» sbottò, «adesso chiamo il maresciallo!»
Udite quelle parole, guizzarono come pesci da dietro il nascondiglio e si precipitarono davanti a lui. «Dal maresciallo no, ci uccide!» lo supplicò il Profeta. Mitraglia confermò richiamando il segno del taglio della gola, mentre Cozzina, niente, non faceva niente, rimaneva a fissarlo con uno sguardo simile a quello di quando ti han detto che ti è rimasta da vivere una settimana e per giunta sei stitico da un mese e per di più ti stai cagando addosso!
«E su Dimoniu!» esclamò il Tromba.
«Se se se gu gu guici!» gli rispose Mitraglia prontamente.
Quatti quatti, avvolti da quella plumbea nebbia, uscirono dal paese e iniziarono a percorrere un sentiero impervio. Cozzina, indossando un casco da minatore con lampada annessa, indicava il percorso.
«Ma dove stiamo andando?» domandò il Tromba con il fiatone.
«A ddd ade de de adesso lo lo lo vev ve ve drai!» gli rispose Mitraglia posto alle sue spalle.
«Diamoci una mossa che domani ho le prove.» «Zitto!» tuonò Agamennone, «siamo arrivati. E che tu suoni nella banda, a noi non ci d’importara mancu una pimpirida de cosa!»
In mezzo agli alberi, seminascosta da alcune frasche, la moto-carrozzella apparve improvvisa. Ogni tanto un mugugno proveniva dal cassone posteriore. Il Tromba, perplesso, osservò quei tre. S’infuse coraggio e si sporse a osservare. Un giovane uomo era riverso, legato e imbavagliato con un taglio profondo sulla testa, irriconoscibile per il copioso sangue che gli ricopriva il volto.
«Chi è costui? Cos’avete combinato?»
«No no no sia sia mo mo mo sta sta…»
«Non siamo stati noi» concluse Agamennone spostando Mitraglia di lato.
«E come c’è finito dentro il cassone?»
Il Profeta tirò fuori dalla tasca la sua riserva d’Aguardiente, sorseggiò, e in tono deciso iniziò a raccontare: «Allora, dunque, noi, che il buon Dio lo sa che siamo bravi cristiani, stavamo andando fuori paese, come siamo arrivati al distributore ho chiamato il Pompa, ma non veniva, allora abbiamo fatto il pieno e ce ne siamo andati…»
«Sicuro?» lo interruppe il Tromba, attento a ogni parola e smorfia carpita dal suo viso.
«Eia, scappati siamo!» rispose sicuro e continuò: «Allora, ci davamo gas a tutta birra scendendo per la strada. Prima curva niente, seconda curva niente, terza curva… là chi ci ritroviamo davanti? Il figlio del Maresciallo, correndo in motorino, anche lui scappando! Boom. Preso in pieno… streccau!»
«In cu cu cu in incu…»
«In cunetta! Lascia parlare a me» disse seccato ancora rivolto a Mitraglia. «L’abbiamo scaraventato in cunetta, intorno a lui solo soldi, sanguinava, sembrava morto e ce l’abbiamo caricato sopra l’Ape. Poi svegliandosi ha detto “Sono miei i soldi, sono miei, me li ha dati il Pompa!”, e poi niente, è svenuto. Adesso è qui. È rinvenuto e voleva scappare, che se no il padre l’ammazza. Così ha detto e così riferisco.»
Il Tromba si mise le mani tra i capelli, sospirò e si accese una sigaretta. Il caso non era di facile soluzione, anche perché Giannetto, noto per le sue tendenze, non avrebbe mai confessato. E il Pompa, mai e poi mai avrebbe ammesso di aver pagato Giannetto per fare quelle porcherie. Perché di questo lui ne era certo.
«Ho un piano!» esordì poco dopo.
Mise al corrente i tre sul da farsi e partirono. Davanti, in cabina, sedevano il Profeta e Mitraglia, nel cassone, Cozzina, il Tromba e Giannetto, che confessò a suon di sberle, perché Cozzina era scemo sì, ma a dare le botte era il primo della classe. Il tromba ci aveva preso in pieno: il Pompa, dopo avergli dato i soldi, e fatto scrivere sulle sue chiappe una frase ricordo!, cercò di raggiungerlo per dargli un bacio d’addio ma, con i pantaloni abbassati sino alle caviglie, inciampò, ruzzolò per terra e sbatté la testa.
Erano le tre di notte quando giunsero all’ingresso del paese. La nebbia era ancora più fitta, e l’ululato del cane di comare Linetta, non meno accorto nel farsi i fatti suoi, creava ai tre una certa apprensione. Cozzina caricò Giannetto sulle spalle e tutti e quattro si diressero al centro della piazza.
Quattro alberi di pesche circondavano il monumento dei caduti. Perché Bellu Prèssiu, avesse un simile “altare della patria” non si sapeva: mai nessuno andò in guerra e vi perì, era dal 1915 che si erano dati tutti per invalidi civili. In ogni modo, gli alberi delle pesche “magiche” erano circondati da un’alta inferriata con un cancello. E proprio su questo ci appiccarono Giannetto, legato e imbavagliato, quasi come uno dei due ladroni di Gesù Cristo.
«Qu Qu Qu e e sto lo lo lo fa fa fa cccc cio i i io!» disse Mitraglia: gli abbassò i pantaloni e sulle chiappe gli scrisse, con il rossetto recuperato frugando nelle sue tasche, “Pure io!”. Il riferimento al termine culattone sembrò ovvio a tutti, tranne forse al Cozzina, che rimase dieci minuti a fissare quel sedere: che non ne avesse mai visto uno?
Ciò che accadde il giorno seguente lo scrissero anche su “L’unione Sarda”, tutta colpa di Linetta che telefonò alla cugina di Cagliari, che di razza doveva avere lo stesso gene suo: “De su troddiu”. Il povero Giannetto rimase in quella posizione sino alle due del dopo pranzo, il sole picchiava che i raggi erano bastonate in capoccia. La gente passava e lo sculacciava, diceva che portava fortuna, e la cosa era possibile visto che stava appeso nell’inferriata del “magico recinto dei peschi”. Lo raccolsero che si lamentava e delirava. Il padre, Il maresciallo Ferdinando Cappuzzo, fu trasferito per incompatibilità ambientale nella serata dello stesso giorno. Tornò nella sua bella Napoli, ma senza il figlio. Durante il processo svoltosi a porte chiuse, al Pompa, il giudice di Santa Giusta diede tre mesi con la condizionale per aver simulato la rapina, mentre Giannetto se la cavò “assolto per non aver commesso il fatto”, e non confessò mai chi l’avesse sistemato in quel modo sopra il cancello, disse di non ricordare, il che pareva alquanto inverosimile.
Per via delle chiappe di Giannetto il paese acquistò una certa fama! Tutti ora conoscevano Bellu Prèssiu, prima non era segnato neanche nelle mappe stradali, e gli affari iniziarono ad andar bene per tutti!
Del fatto, vi ho raccontato ogni cosa, anche se, non me ne fate una colpa, ciò che accadde trent’anni prima al Cozzina, al Mitraglia e ad Agamennone, forse lo sa solo il Tromba, così immagino. Lui, a quel tempo, mai mi confidò qualcosa. E delle “magiche pesche”? Di questo mistero seppi più avanti, anche se promisi di mantenere il segreto!
Ora spengo la luce e vado a nanna, basta scrivere, domani è martedì e bisogna lavorare. Mi presento, sono il Conte di Buoncammino, ma questo è solo il mio soprannome, per il resto faccio il barbiere e ho la bottega di fianco al bar pizzeria “la Veloce” di Guido Felice.
Continua…
ROMA - Cate Blanchett sarà nel cast di 'Indiana Jones IV' insieme ad Harrison Ford nel film prodotto dalla Lucasfilm e diretto da Steven Spielberg. Non è ancora stabilito quale sarà il ruolo dell'attrice premio Oscar per 'The Aviator'. Il film - si legge nel sito di Hollywood Reporter - si inizierà a girare a Los Angeles e in altre location ancora segrete intorno al mondo.
La Paramount Pictures farà uscire nelle sale 'Indiana Jones 4' nel maggio 2008. Per quanto riguarda la Blanchett, sta attualmente girando 'The Curious Case of Benjamin Button' di David Fincher e poi presterà la sua voce in 'The Fantastic Mr. Fox' di Wes Anderson.
Zagabria - Bustine di zucchero con l'immagine di Adolf Hitler e barzellette sull'Olocausto sono state trovate in alcuni bar della Croazia, provocando dure critiche da parte del Centro antinazismo Simon Wiesenthal, così come l'apertura di un'inchiesta. Lo ha annunciato l'ufficio della procura statale, precisando che è già stata aperta un'indagine sull'accaduto.
Gli impiegati della fabbrica di zucchero della compagnia Pinki, di Pozega - scrive d'altra parte il quotidiano croato Novi List - hanno confermato che le bustine di zucchero sono state effettivamente fabbricate nel loro stabilimento. L'incidente ha messo in imbarazzo il governo, che è impegnato nell'intento di minimizzare gli antichi legami del paese con il nazismo.
Durante la seconda guerra mondiale, il regime croata degli ustascia si è schierata con la Germania nazista, applicando le leggi razziali, per le quali migliaia di serbi, ebrei, gitani e antifascisti croati sono stati uccisi nei campi di concentramento del paese tra il 1941 ed il 1945. Il direttore del Centro Wisenthal, Efraim Zuroff, ha espresso la sua "repulsione e disgusto" per il fatto che tali articoli possano essere prodotti e distribuiti nei nostri giorni in un paese "in cui non solo ha avuto luogo l'Olocausto ma è stato commesso per la maggior parte da collaboratori locali del nazismo".
"Se non altro, questa è una disgustosa espressione della nostalgia per il terzo Reich e per un periodo dove gli ebrei, i serbi ed i gitani sono stati uccisi in massa in Croazia", ha aggiunto. Zuroff ha esortato la Croazia ad ordinare il sequestro immediato delle bustine di zucchero, in base alla legge contro le discriminazioni razziali, etniche o religiose.
Nel paese infatti non esiste una legge che punisce coloro che negano l'Olocausto. I simboli ustasci sono stati tollerati durante il mandato del presidente Franjo Tudjman, che ha governato il paese dall'indipendenza nel 1991 al 1999, inasprendo i rapporti con Israele. I parlamentari croati del governo successivo, che hanno avviato il paese ai negoziati per l'entrata nell'Unione Europea, hanno chiesto scusa per i crimini del regime ustascia


MESSINA - La sirena suona per le piccole vie disegnate sulla pietra nera di Stromboli: all'inizio i pochi abitanti presenti sull'isola pensano a una riedizione dell'esercitazione del 2005, della quale non erano stati informati. Ma questa volta l'allarme è reale. Pochi momenti di sorpresa e poi, con calma, la gente si sposta sulla collina, oltre le linee di "sicurezza" tracciate dalla Protezione civile, mentre nel cielo sono visibili le colonne di fumo dell'eruzione e quella di vapore sprigionata dal contatto tra la lava incandescente, che fuoriesce da una frattura a 600 metri, e l'acqua del mare.
ROMA - Mancano poche ore ormai all'eclisse totale di luna, che inizierà in tarda serata, poco dopo le 21,00, per concludersi nelle prime ore di domenica mattina.
Un'occasione così non si verificava dal 28 ottobre 2004, e anche allora le nubi lo avevano minacciato. Se il cielo sarà limpido, sarà possibile osservare il fenomeno della 'luna rossa': nel momento di picco del fenomeno il nostro satellite assumerà infatti questo colore. Nella fase culminante dell'eclissi, infatti, la Luna si colora letteralmente di rosso a causa dei raggi deviati dall'atmosfera terrestre all'interno del cono d'ombra della Terra.
Illuminata dal Sole, la Terra proietta dietro di sé un cono d'ombra entro il quale passa la Luna. Un processo, questo, particolarmente evidente per i raggi di luce rossa, che vanno a colorare la Luna durante l'eclisse in modo più o meno intenso e spettacolare a seconda delle condizioni atmosferiche.
Gli osservatori aperti per seguire l'eclisse saranno più di 50. Il sito dell'Unione Astrofili italiani (
ROMA - La luna rossa ha mantenuto le promesse e ha illuminato il cielo notturno, splendendo accanto a Saturno.
E' stato uno spettacolo unico in Italia, perfettamente visibile da nord a sud. Soltanto sulle regioni centrali all'inizio della serata le nubi avevano fatto temere una delusione, ma poi per fortuna il cielo si è aperto.
"E' uno spettacolo unico quello che avviene quanto la luna si tuffa nel cono d'ombra della terra", ha detto l'astrofisico Gianluca Masi, del Planetario di Roma. "E' un'eclisse di luminosità media - ha aggiunto - perché la luna non si trova esattamente al centro del cono d'ombra della terra". Tanto che nel disco colorato di rosso, sfumato fino al bianco nella zona superiore, era ancora ben visibile un bordo chiarissimo e brillante. Tanti gli appuntamenti con la luna rossa organizzati in tutta Italia da gruppi di astrofili e astronomi.
E tantissime sono state le persone che hanno voluto godere lo spettacolo dal vivo, uscendo per strada o andando agli appuntamenti organizzati da planetari e osservatori. "Il prossimo appuntamento con la luna rossa è fra circa un anno", ha detto il presidente dell'Unione astrofili italiani (Uai), Emilio Sassone Corsi. Il 21 febbraio 2008 ci sarà infatti un'altra eclisse totale di luna ben visibile dall' Italia. Ma l'orario sarà meno comodo. Lo spettacolo, infatti, comincerà solo intorno alle quattro del mattino.
ROMA - Costi per le ricariche via da lunedi': scatta infatti la nuova norma del pacchetto liberalizzazioni di Bersani che consentirà di eliminare il balzello che grava sui prezzi delle ricariche dei telefonini che, secondo i calcoli delle associazioni dei consumatori, frutterebbe alle compagnie telefoniche circa 1,8 miliardi di euro l'anno.
Ma proprio le organizzazione di difesa dei consumatori sono in allerta: temono che qualche gestore sia tentato di eludere od aggirare le prescrizioni della norma intervento su cavilli o piani tariffari. Il Codacons punta il dito soprattutto su Wind, che potrebbe in alcuni casi continuare a far pagare i costi di ricarica.
"Da lunedi' qualsiasi costo di ricarica applicato agli utenti della telefonia mobile sarà considerato illegale e, come tale, denunciato dinanzi le competenti autorità"avverte il Codacons rivolto alle compagnie telefoniche che "in base alle prime indiscrezioni, vorrebbero continuare a far pagare ai vecchi clienti il balzello cancellato dal Ministro Bersani" e cita appunto Wind. Il Codacons, spiega il presidente Carlo Rienzi, chiede all'Autorità per le comunicazioni "di verificare i nuovi piani tariffari degli operatori telefonici per accertare se al loro interno si celino aumenti a discapito degli utenti.
Le compagnie che decideranno di fare le 'furbe', scaricando sui consumatori i minori introiti derivanti dal taglio ai costi di ricarica, o quelle che continueranno a imporre tale balzello, dovranno essere pesantemente sanzionate". Ma da Wind replicano che le ricariche da 50 euro in su erano già gratuite e continueranno ad esserlo, mentre chi vuole ricaricare per importi minori deve passare ai nuovi piani tariffari che rispettano le indicazioni del decreto Bersani. '3' ha giocato d'anticipo e ha abolito i costi di ricarica già da ieri. Oggi è stata la volta di Vodafone, mentre Tim li eliminerà lunedi'.
Le associazioni dei consumatori hanno da subito messo in guardia rispetto alla possibilità che tutte le compagnie telefoniche possano rifarsi dei mancati introiti da ricarica rialzando le tariffe attraverso i nuovi piani tariffari meno convenienti. Adusbef e Federconsumatori hanno insistito sul tema della trasparenza tariffaria ricordano che l'Agcom, l'Autorità di Garanzia per le comunicazioni, ha predisposto una delibera, con cui "obbliga gli operatori a mettere a disposizione dei clienti informazioni sul costo reale delle telefonate, dopo un minuto, 3 minuti e 15 minuti, in base all'offerta commerciale sottoscritta". L'utente, quindi, deve essere informato sul costo finale comprensivo di Iva, canone, scatto alla risposta, e anche relativo ai servizi di messaggistica (sms e mms), alla telefonia fissa e a internet.
ROMA - La cosmologia classica è in pericolo, e a metterla in crisi è un gruppo di scienziati italiani. La prima mappatura della materia oscura, il 'riempimento' dell'universo, pubblicata da Nature, sembra infatti dare ragione a Luciano Pietronero, dell'Istituto di Sistemi Complessi dell'università La Sapienza di Roma, che ipotizza che la distribuzione della materia nelle galassie non sia continua ma segua la geometria frattale.
Le teorie classiche della cosmologia, che discendono direttamente dalle equazioni di Einstein, sostengono che l'universo sia 'liscio', cioé che la distribuzione della materia sia uniforme. Per giustificare il fatto che le galassie si presentano sotto forma di aggregati discontinui gli astronomi hanno ipotizzato la presenza della 'materia oscura', una sostanza che riempirebbe il 95% dello spazio. "La materia oscura però è più che altro un rattoppo che giustifica le teorie - sostiene Pietronero - noi ci siamo limitati ad applicare le leggi della statistica, di cui siamo esperti, ai dati disponibili sulla distribuzione della materia nell'universo lontano. Non vogliamo rifare la cosmogonia, ma semplicemente sosteniamo che la geometria frattale spiega molto meglio questi fenomeni".
Tra i principali 'avversari' di questa teoria c'é il gruppo di astronomi dell'Università di New York guidato da David Hogg. Secondo Hogg la teoria dei frattali "Crea più problemi di quanti non ne risolva", a cominciare dal fatto che andrebbero ripensate tutte le leggi fondamentali della cosmologia. "Io non sono d'accordo con questa impostazione - ribatte Pietronero, protagonista con Hogg di un lungo articolo su questo dibattito apparso sull'ultimo numero della rivista New Scientist - non si può dire che finché non proponiamo un modello alternativo le nostre teorie non sono valide. Noi proseguiamo con i nostri studi man mano che arrivano nuovi dati, e se c'é qualche legge che deve cadere che cada".
Fra i nuovi dati a cui si riferisce il fisico italiano c'é anche la prima mappatura della materia oscura in una parte dell'universo, operata da Richard Massey del California Institute of Technology e pubblicata da Nature. Il risultato di Massey è stato che anche questa 'sostanza misteriosa' sembra essere distribuita con le stesse discontinuità di quella conosciuta. "Questo risultato sembrerebbe darmi ragione - sostiene Pietronero - ma io aspetterei prima di dare sentenze definitive. La mia posizione è semplicemente questa: l'analisi statistica dei dati è quella, e non è possibile confutarla, tant'é vero che anche chi ci avversa comincia a darci ragione. Sulle teorie poi si possono fare tutte le elucubrazioni che vogliamo". Altre prove in un senso o nell'altro verranno nei prossimi mesi, quando nuovi dati delle misurazioni di Massey verranno resi noti.
- "Non ci si puo' accorgere di noi soltanto adesso". Andrea Lo Cicero attacca il mondo politico, accusato di aver trascurato il rugby. Secondo uno dei simboli della nazionale italiana, vittoriosa ieri a Edimburgo contro la Scozia, l'improvvisa attenzione per l'Italrugby sa un po' di beffa."Mi fa piacere che Prodi abbia speso delle parole sul rugby - afferma il catanese - pero' noi della nazionale esistiamo da tanto tempo, e non ci si puo' accorgere di noi solo adesso per sfruttare l'onda".
ROMA - "Io non mi sono mai proposto nella vita: non ho mai chiamato un regista per lavorare con lui e non ho mai chiesto a qualcuno di farmi esibire in questo o in quel posto, tantomeno in America. La notizia dell'Oscar è stata una bella sorpresa. Non ci pensavo più...". Ennio Morricone è raggiante e orgoglioso per l'assegnazione del riconoscimento tanto sognato e già sfiorato cinque volte con altrettante candidature.
Raggiunto telefonicamente nella sua casa romana, il celebre compositore, si divide tra complimenti e interviste e racconta che la notizia dell'Oscar gli è arrivata a casa ieri sera: "Quando ho risposto al telefono e mi sono sentito dire 'Buongiorno' con accento inglese, mentre stavo andando a dormire, ho subito capito", racconta. A comunicargli dell'Oscar alla Carriera è stato Sid Ganis, presidente della Academy. Adesso Morricone è frastornato, solo in mattinata "ho ricevuto più di cinquanta telefonate", dice.
"Sono attonito ma felice perché l'Oscar arriva mentre sono in piena attività professionale". "Ma è solo un caso", spiega, che l'ambita statuetta gli sia stata assegnata proprio nel momento in cui si prepara a debuttare negli Stati Uniti con due concerti-evento, in programma proprio a febbraio 2007, circa tre settimane prima della Notte degli Oscar che si terrà a Los Angeles il 25 febbraio. Per Morricone c'é grande attesa in America, il Paese che lo ha tanto corteggiato ma in cui il Maestro curiosamente non ha mai fatto concerti. Come mai? "Perché non me lo hanno chiesto", risponde con semplicità, anche se si fa fatica a credere che nessuno ci abbia mai pensato. Un produttore si favoleggia gli offrì persino una villa sulle colline di Beverly Hills per invitarlo a trasferirsi in America, ma lui rifiutò.
"Quella villa - dice oggi non l'ho mai vista. Ma io ho sempre preferito tornare a Roma". E oggi più che mai a farsi rapire dall'America non ci pensa proprio. "Sto bene nella mia città", dice. Morricone è stato invitato dall'Onu a tenere nella sede dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 2 febbraio un concerto di beneficenza per dare il benvenuto al nuovo segretario generale Ban Ki-Moon, in carica dal 1 gennaio 2007. Per l'occasione eseguirà, insieme al repertorio delle sue principali composizioni di musica da film, anche il pezzo sinfonico corale 'Voci dal silenzio' da lui scritto dopo l'attentato alle Torri Gemelle dell'11 settembre 2001 e definito tempo fa "la partitura non cinematografica più importante che abbia mai ideato". Oggi quella partitura assume un significato ancora più ampio spiega -"contro tutte le stragi del mondo".
Per il concerto all'Onu il Maestro sarà accompagnato dall'Orchestra 'Roma Sinfonietta' e del Coro Polifonico 'Canticorum Virtuosi' di New York. "Sarà un concerto molto importante moralmente per me", aggiunge. Il giorno dopo, il 3 febbraio, Morricone terrà un altro concerto al Radio City Music Hall di New York. Qui dirigerà un'orchestra ed un coro composti da 200 elementi ed eseguirà i brani più significativi del suo repertorio tra cui alcune delle più note colonne sonore di film. "Mi sento onorato e fortunato di sostenere un evento così significativo in cui la grande musica di un Maestro come Ennio Morricone diventa linguaggio universale per un concerto di pace e solidarietà fra tutti i popoli della terra" spiega Gallotta ideatore ed organizzatore degli eventi in collaborazione con la Fondazione 'Give Them A Hand' di New York, la Missione Italiana alle Nazioni Unite, la Niaf (National Italian American Fondation) e l'Istituto Italiano di Cultura di New York, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Anche il Moma, Museum of Modern Art di New York, renderà omaggio a Morricone con una retrospettiva (in programma dal 1 al 5 febbraio) di alcuni tra i film più importanti per i quali il Maestro ha firmato le colonne sonore, tra cui 'C'era una volta in Americà, 'The Untouchables', 'La Battaglia di Algeri', 'C'era una volta il West', 'The Mission', 'Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto'. A febbraio uscirà anche un cd pubblicato in tutto il mondo dalla SonyBmg Italia, nel quale alcuni tra i più importanti artisti internazionali hanno reinterpretato le composizioni del Maestro, tra questi Bruce Springsteen, Metallica, Quincy Jones, Celine Dion, Yo-Yo Ma, Andrea Bocelli e Roger Waters.
NEW YORK - Gli scoiattoli sono piccoli mammiferi dall'aria simpatica che hanno però un vizio: tendono a essere un po' troppo prolifici. Per contenere il problema, a Santa Monica in California si è deciso di mettere in pratica il 'controllo delle nascite', attraverso un vaccino contraccettivo che, oltre a ridurre i rischi di diffusione di malattie, eviterà di dover ricorrere a soluzioni più drastiche.
"Non vogliamo sopprimere gli scoiattoli, se possiamo evitarlo - ha detto al Los Angeles Times Joe McGrath, capo del servizio di supervisione dei parchi cittadini secondo cui questi animali, come i topi, "possono essere aggressivi e portatori di malattie". Tanto maggiore è la loro popolazione - ha aggiunto Gail Van Gordon, entomologo presso il Dipartimento sanitario di Los Angeles - tanto più alto è il rischio di diffusione di un'epidemia.
Dal 1998, Santa Monica si è più volte guadagnata la palma di città con il maggior numero di scoiattoli, che solo a Palisades Park - uno dei parchi principali della città - sono più di mille, ognuno dei quali partorisce da tre a sei cuccioli circa due volte all'anno. Con questa soluzione, l'amministrazione comunale spera quindi di mettere a tacere le numerose associazioni animaliste che negli anni passati hanno duramente criticato le varie campagne di soppressione di massa operate ai danni dei piccoli roditori.
ATENE - Non è ancora stato classificato come specie in via di estinzione, ma anche il tipico asinello greco, quello immortalato su milioni di cartoline che hanno fatto per anni il giro del mondo, sta cominciando a sparire. A lanciare il grido d'allarme è stato oggi, dalle pagine del diffuso quotidiano 'Ethnos' (Nazione), Iorgos Arsenos, docente di veterinaria che da anni si occupa di questa specie, secondo il quale nel 1955 in Grecia c'era oltre mezzo milione di somarelli (per la precisione 508.000), ridottisi in 40 anni a poco più di 95.000 (censimento del 1995) ed l'anno scorso rimasti soltanto in 18.173. "Gli asini fanno parte della nostra tradizione culturale - ha detto Arsenos ad 'Ethnos' - però i trattori e gli altri mezzi agricoli li hanno sostituiti nei lavori dei campi e, di conseguenza, anche dal panorama greco".
L'asino, secondo il professore, "non si addice più alla cultura del greco moderno ma questo è un grande sbaglio che porterà alla sua estinzione". Sempre stando al docente, i quadrupedi che non completano in Grecia il loro normale ciclo vitale vengono esportati in Italia e in Svizzera, dove la loro carne viene venduta a caro prezzo per la preparazione di paté e di salumi. Anche oggi c'é chi considera il filetto d'asino un pasto eccellente mentre, per gli antichi greci, i suoi organi genitali avevano poteri afrodisiaci.
Nelle campagne è ancora diffusa l'opinione che il latte d'asina sia per i bambini un perfetto sostituto del latte materno, però il suo consumo continua a diminuire per motivi di sicurezza igienica. Usati come animali da soma soprattutto nelle campagne e sulle montagne della Grecia - dall'antichità sino alla fine degli Anni '40 durante il secondo conflitto mondiale e la guerra civile che insanguino' il Paese - in tempi più recenti gli asini sono stati spesso utilizzati come involontari contrabbandieri di stupefacenti.
L'ultima volta che salirono alla ribalta delle cronache fu nel marzo 1998 quando una carovana di 11 asini, ognuno carico con circa 200 kg di hashish, venne intercettata da agenti di confine greci alla frontiera con l'Albania nella zona di Kastoria (Macedonia occidentale). I somarelli furono bloccati ma i mulattieri albanesi riuscirono a fuggire lasciando nelle mani delle autorità greche due tonnellate e 170 chili di droga, la più grande quantità sino ad allora sequestrata in Grecia. "L'asino - conclude Arsenos - è collegato in modo inscindibile alla tradizione greca e dobbiamo proteggerlo. Si potrebbe creare una banca di materiale genetico anche se far questo è molto difficile".
LONDRA - Vietare McDonald's per la salute dei bambini: l'invito non proviene da un gruppo di attivisti anti-globalizzazione ma dal Principe Carlo che considera la grande catene di fast food una delle principali responsabili della pessima alimentazione dei più giovani.
Il duro attacco dell'erede al trono - lanciato da Abu Dhabi e ripreso dalla stampa britannica - giunge in occasione dell'avvio di una campagna di sensibilizzazione (Diabetes Knowledge Action), sostenuta dallo stesso principe, per combattere il diabete negli Emirati Arabi, il secondo paese al mondo per numero di diabetici (20% di malati nella fascia d'età tra i 20 e 79 anni). Al cospetto di scienziati e ricercatori dell'Imperial College London Diabetes Centre ad Abu Dhabi, che gli presentavano le nuove iniziative volte a migliorare gli standard alimentari del paese, Carlo ha risposto suggerendo la messa al bando della McDonald's.
"Avete provato a vietare McDonald's? Sarebbe fondamentale", ha spiegato alla nutrizionista Nadine Tayara. Da sempre sostenitore dei cibi biologici e strenuo oppositore degli Ong, il principe dal 1986 possiede un'azienda agricola nella sua tenuta di Highgrove Estate dove sono banditi pesticidi e fertilizzanti chimici. Le parole del principe - come prevedibile - non sono piaciute alla multinazionale statunitense che attraverso una portavoce ha fatto sapere di essere "estremamente dispiaciuta. Ci sembra un commento improvvisato, che non riflette la qualità del nostro menù né quello che facciamo come azienda".
La portavoce ha aggiunto che il principe è "chiaramente non informato" di alcune scelte fatte dalla società, come le nuove e più complete etichette, la promozione dell'agricoltura sostenibile, e i cambiamenti nei valori nutritivi del menu, con più scelta e varietà. "Altri membri della famiglia reale hanno visitato un McDonald's più di recente e hanno un'immagine di noi più aggiornata", ha affermato. Clarence House, l'ufficio di Carlo a Londra, ha diffuso successivamente un comunicato in cui si sottolinea che "il principe di Galles da tempo promuove l'importanza di una dieta bilanciata, in particolare per i bambini. Nel visitare il centro contro il diabete, voleva enfatizzare la necessità che i bambini mangino una gran varietà di alimenti, nessuno dei quali in eccesso".
ROMA - Che il clima non sia quello giusto è ormai evidente. E non c'entrano le nostalgiche lamentazioni da anziani sulle 'stagioni di una volta'. L'inverno non si è visto e la primavera, arrivata già a febbraio per i cicli vegetativi, sta già procedendo a larghi passi. A dimostrarlo sono le temperature della prima domenica di marzo, tradizionalmente ancora da cappotto e quest'anno quasi da spiaggia.
Un po' in tutta Italia il termometro ha segnato minime giornaliere che accomunano tutto lo stivale senza grandi differenze: 18 gradi a Bolzano come a Palermo, 20 gradi a Firenze come a Catania. Ormai anche gli scettici sembrano essere concordi sulle anomalie del clima.
E a mettere definitivamente fine a ogni dubbio arrivano anche i dati ufficiali raccolti dall' Istituto di scienze dell'atmosfera e del clima (Isac) del Consiglio nazionale delle ricerche: l'inverno 2007 è il più caldo degli ultimi duecento anni.
Secondo le rilevazioni dell' Isac-Cnr, che conserva appunto una banca dei dati meteorologici degli ultimi due secoli, quest' anno è stato superato di 1,79 gradi il precedente valore massimo raggiunto nel 1990. Il record di caldo è d'altra parte ben visibile anche in natura dove i cicli riproduttivi sono sconvolti, tanto da aver portato a una maturazione contemporanea e anticipata di verdure e ortaggi che non si era mai avuta prima d'ora.
"Per la prima volta nella storia delle campagne romane si raccolgono nei campi le fave, che arrivano normalmente solo in tarda primavera ad accompagnare le scampagnate - spiega la Coldiretti - e sui banchi dei mercati è già possibile trovare una varietà di offerta made in Italy come mai nel passato: dai piselli ai carciofi a tutte le insalate a pieno campo, dalle lattughe alle scarole fino ad asparagi e pomodori".
Un' offerta ampia e variegata che non si era mai vista in questa stagione e che sta creando problemi anche al mercato per la sovrabbondanza di prodotti e il conseguente crollo dei prezzi all'origine. La situazione mostra dunque un autunno e un inverno eccessivamente caldi, con temperature oltre i 4-5 gradi in più rispetto a valori normali. Sono stati assai rari gli episodi climatici autenticamente invernali.
D'altra parte, come spiegano gli esperti del Cnr, la circolazione delle masse d'aria dall' Atlantico ha invertito la rotta procedendo verso Nord e non viceversa, come accade normalmente in inverno con circolazione di aria fredda da Nord verso Sud proveniente dalla Siberia e dalla Scandinavia. Così anche la leggendaria tramontana ha dovuto arrendersi alle bizzarrie del clima, subendo in questo autunno-inverno una riduzione di oltre il 30%. In pratica non c'é mai stata circolazione di aria fredda Ma il vero problema potrebbe venire in estate per la mancanza di riserve idriche.
Dalla fine dell' autunno fino ad oggi le precipitazioni hanno avuto una diminuzione di oltre il 25%, mentre i fiocchi di neve si sono fatti attendere invano nelle località sciistiche. In tutto questo, poi, la natura sembra essere impazzita. In Abruzzo gli orsi bruni hanno mantenuto intatta l'attività per l'intero periodo invernale, mentre in Val d'Aosta gli stambecchi sono già saliti oltre i 2.500 metri come in estate. E al posto della neve, un po' su tutte le montagne, sono comparse da gennaio le fioriture primaverili. Né conforta il fatto che il fenomeno dell' inverno caldo accomuna tutta l' Europa, compresa la Russia dove a gennaio si è arrivati a 10 gradi in più rispetto alla norma.
- ROMA - 'Bollicine' Saffa remix 07, disponibile da domani, si preannuncia uno dei protagonisti dell'estate. Il remix di uno dei piu' grandi successi di Vasco Rossi e' stato prodotto, arrangiato e mixato da Marco & Simone Di Crescenzio. I due producer hanno iniziato la loro attivita' nel 2005. Da allora hanno realizzato remix per artisti come JT Vannelli e Gus Gus, oltre a produrre Del Gado, percussionista apprezzato in tutto il mondo della scena Club